mercoledì 13 febbraio 2008

MI PIACI...

"Mi piaci quando taci perchè sei come assente e mi ascolti da lontano, e la mia voce non ti tocca.Sembra che si siano dileguati i tuoi occhi e che un bacio ti abbia chiuso la bocca.Siccome ogni cosa è piena della mia anima tu emergi dalle cose, piena dell'anima mia.Farfalla di sogno, assomigli alla mia anima,e assomigli alla parola malinconia.Mi piace quando taci e sei come distante.Sembri lamentarti, farfalla che tuba. E ascolti da lontano e la mia voce non ti giunge:lascia che io taccia con il silenzio tuo.Lascia che ti parli anche con il tuo silenzio chiaro come una lampada, semplice come un anello.Sei come la notte, silenziosa e stellata.Il tuo silenzio è di stella, così lontano e semplice.

Non T'AMO!

" Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio..O freccia di garofani che propagano il fuoco:t'amo come si amano certe cose oscure,segretamente, entro l'ombra e l'anima.T'amo come la pianta che non fiorisce e reca Dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpoil concentrato amore che ascese dalla terra.T'amo senza sapere come, né quando né da dove,t'amo direttamente senza problemi né orgoglio:così ti amo perché non so amare altrimenti che così, in questo modo in cui non sono e non sei,così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno

Posso scrivere i versi più tristi stanotte ..(lei non è con me)..Neruda

(lei non è con me)Posso scrivere i versi più tristi questa notte.Scrivere, ad esempio : La notte è stellata,e tremolano, azzurri, gli astri in lontananza.Il vento della notte gira nel cielo e canta.Posso scrivere i versi più tristi questa notte.Io l'amai , e a volte anche lei mi amò .Nelle notti come questa la tenni tra le mie braccia.La baciai tante volte sotto il cielo infinito.Lei mi amò, a volte anch'io l'amavo.Come non amare i suoi grandi occhi fissi.Posso scrivere i versi più tristi questa notte.Pensare che non l'ho. Sentire che l'ho perduta.Udire la notte immensa, più immensa senza lei.E il verso cade sull'anima come sull'erba in rugiada.Che importa che il mio amore non potesse conservarla.La notte è stellata e lei non è con me.E' tutto. In lontananza qualcuno canta. In lontananza.La mia anima non si rassegna ad averla perduta.Come per avvicinarla il mio sguardo la cerca.
Il mio cuore la cerca, e lei non è con me.La stessa notte che fa biancheggiare gli stessi alberi.Noi quelli di allora, più non siamo gli stessi.Più non l'amo, è certo, ma quanto l'amai.La mia voce cercava il vento per toccare il suo udito.D'altro. Sarà d'altro. Come prima dei suoi baci.La sua voce, il suo corpo chiaro . I suoi occhi infiniti.Più non l'amo, è certo, ma forse l'amo .E' così breve l'amore, ed è sì lungo l'oblio.Perché in notti come questa la tenni tra le mie braccia,la mia anima non si rassegna ad averla perduta.Benché questo sia l'ultimo dolore che lei mi causa e questi siano gli ultimi versi che io le scrivo.

Il tuo sorriso by Neruda

"Toglimi il pane, se vuoi,toglimi l' aria, ma non togliermi il tuo sorriso.
Non togliermi la rosa,la lancia che sgrani,l' acqua che d' improvviso scoppia nella tua gioia,la repentina onda d' argento che ti nasce.
Dura è la mia lotta e torno con gli occhi stanchi,a volte, d' aver vistola terra che non cambia,ma entrando il tuo sorriso sale al cielo cercandomi ed apre per me tutte le porte della vita.
Amor mio, nell' orap iù oscura sgrana il tuo sorriso, e se d' improvviso vedi che il mio sange macchina le pietre della strada,ridi, perchè il tuo riso sarà per le mie mani come una spada fresca.
Vicino al mare, d' autunno,il tuo riso deve innalzarela sua cascata di spuma,e in primavera, amore,voglio il tuo riso comeil fiore che attendevo,il fiore azzurro, la rosa della mia patria sonora.
Riditela della notte,del giorno, delle strade contorte dell' isola,riditela di questo rozzo ,ragazzo che ti ama,ma quando apro gli occhi e quando li richiudo,quando i miei passi vanno,quando tornano i miei passi,negami il pane, l' aria,la luce, la primavera,ma il tuo sorriso mai,perchè io ne morrei."

venerdì 8 febbraio 2008

Il Golfo degli angeli



Gli Angeli, nei tempi lontani, chiesero a Dio un dono. Dio rispose che avrebbe dato loro in dono una terra dove gli uomini si amavano, si rispettavano, vivevano felici. " So che esiste questa terra; cercatela, trovatela e sarà vostra " aveva detto loro. Gli Angeli obbedirono; scesero dal cielo e si sparsero sulla Terra. Ma ovunque trovarono cattiverie, guerre odi. Stavano per ritornare, tristi, da Dio Padre, quando il loro sguardo cadde su una grande isola verde circondata da un mare tranquillo. Gli Angeli si avvicinarono rapidamente: non rumore di guerre e di distruzioni, non colonne di fumo si alzavano dalle colline fonte ove brucavano grandi greggi. E gli uomini aravano i campi non chiusi da segni di proprietà. Quei primi abitatori della Sardegna, ignari delle ricchezze della loro terra, discendenti da eroi che erano scampati dalla tirannai e dall'ingiustizia, trascorrevano la loro vita in semplicità, contenti della pace e della bellezza dei luoghi. Gli Angeli salirono felici in Cielo. Riferirono al Signore ciò che avevano visto e Iddio mantenne la promessa. Gli Angeli, quindi, ridiscesero ancora sull'isola, e rimasero specialmente incantati davanti al grande golfo che si apriva, come un immenso fiore turchese, all'estremo limite meridionale della loro terra. Decisero, dunque. di stabilirsi lì: in quell'arco di mare così azzurro e bello che ricordava il Paradiso. Presto, però, Lucifero, invidioso di quegli Angeli felici, cercò di seminare, fra di essi, lotte e discordie, e siccome non vi riuscì tento di scacciare gli Angeli da quel loro secondo Paradiso. Lottarono a lungo le forze del Bene e quelle del Male sulle scatenate acque del golfo. Ed ecco che alla fine, tra il lampeggiare delle folgori del demonio si levò in alto la spada scintillante dell'Arcangelo Gabriele. Fu il segno decisivo della vittoria Lucifero stesso fu sbalzato dal suo cavallo nero,dalle narici di fuoco. Allora prese la sella e, in un impeto di collera violenta, la lanciò nel Golfo, formando un promontorio che poi venne chiamato " La Sella del Diavolo". Sotto di esso, trovarono dapprima rifugio le pacifiche navi fenicie, poi quelle di guerra dei Cartaginesi. Poi quelle dei Romani, dei Vandali e dei Bizantini. In seguito quelle dei Pisani, dei Genovesi e degli Spagnoli. Ed infine, quelle degli Inglesi, dei Francesi e degli Americani. Così, oggi, gli Angeli se ne sono andati dal loro golfo incantato e lo guardano dall'alto, discendendovi, talvolta, lievi e silenziosi, all'oll'ora del tramonto, quando il cielo si colora d'oro e di porpora.

Il clima della Sicilia


il racconto mitologico afferma che un giorno di primavera il Dio Plutone, re del mondo sotterraneo e fratello di Giove, sbucò in Sicilia dal lago di Pergusa; e rimase colpito dalla visione che apparve ai suoi occhi: in mezzo ai prati, la giovane Proserpina, assieme alle ninfe che la accompagnavano, raccoglieva fiori variopinti e profumati. Vederla, innamorarsene e rapirla, fu tutt’uno per Plutone; e se la portò giù agli inferi. Il ratto fu cosi subitaneo, che nessuno seppe dare indicazioni alla madre Cerere, che per tre giorni e tre notti ricercò Proserpina, per tutta la terra, facendosi luce di notte con un pino da lei divelto e acceso nel cratere dell’Etna. Alla fine dei tre giorni d’inutili ricerche, Cerere si adirò e cominciò a far soffrire gli uomini, provocando siccità, carestie e pestilenze. Gli uomini allora si rivolsero a Giove, supplicandolo di trovare una soluzione; e Giove risolse il problema, decidendo che Proserpina stesse per otto mesi, da gennaio ad agosto, sulla terra assieme alla madre; e per quattro mesi da settembre a dicembre, sotto terra col marito Plutone, determinando così l’alternanza di due sole stagioni nel clima della Sicilia.

martedì 5 febbraio 2008

AZZURINA : )

Nel 1375 il "Mons belli" è sotto il dominio dei Malatesta. Ugolinuccio Malatesta, signore di Montebello, è fuori in battaglia e ha affidato la sua bambina, Guendalina, a due guardie di fiducia. Perché una fanciulla in tenera età (tra i sei e gli otto anni) si trova in una fortezza da guerra qual era il Castello di Montebello, con la sola compagnia di uomini armati?
Guendalina era nata albina, quindi chiara di pelle, capelli e occhi; bianca come la neve. Nel Medioevo questa caratteristica era ritenuta espressione del demonio, le donne con i capelli bianchi o rossi erano ritenute streghe, perciò i genitori della bambina per proteggerla, la nascosero agli occhi maligni con una tintura per capelli e l'isolamento nella fortezza. Il particolare effetto azzurrato dei capelli, dopo la tintura vegetale a cui erano sottoposti, accompagnato all'azzurro limpido degli occhi, le valse il soprannome di Azzurrina. Come abbiamo detto, in quei giorni il padre era assente, in guerra. Corrono i giorni del solstizio d'estate, scoppia un forte temporale e Azzurrina è costretta a giocare all'interno del castello, guardata a vista dalle guardie. La piccola si sta trastullando con una palla di stracci che fa rotolare per corridoi e scale, finché le sfugge di mano e precipita giù nel sotterraneo dove si conservano i cibi. La bambina insegue la palla e scende le strette e lunghe scale che conducono alla ghiacciaia. I due armigeri non si preoccupano più di tanto e la lasciano andare, da lì non si può raggiungere nessun altro posto del castello. Succede tutto in un attimo: una corsa, un grido e la bambina scompare per sempre. Le guardie richiamate dall'urlo, accorrono nei sotterranei ma non trovano traccia di anima viva. La bambina è scomparsa nel nulla e da allora non viene più ritrovata. Il Malatesta si dispera e fa condannare a morte i due armigeri, unici testimoni della misteriosa disgrazia, a cui non crede, come tanti altri nel corso dei secoli. La misteriosa scomparsa di Guendalina Malatesta però non è una favola ma un fatto realmente avvenuto; è narrata in una cronaca del'600, custodita nella biblioteca del castello. Così nasce la leggenda di Azzurrina, la bimba che da quel lontano 1375 continua ad abitare le stanze del Castello di Montebello. Giunta fino a noi in un'eco tra il pianto e il riso dalle registrazioni delle troupe televisive effettuate nel 1990 e nel 1995, nel castello disabitato, a porte chiuse, con microfoni ultrasensibili, la voce di Azzurrina continua a farsi sentire avvincendoci con il suo intrigante mistero e attirandoci tra le mura del suo castello, diventato monumento nazionale e custodito fino al 1998 dalla professoressa Welleda Villa Tiboni, recentemente scomparsa. L'ultima "castellana di Montebello" sarà anche l'ultima custode del segreto celato dietro la scomparsa di Azzurrina, di cui finalmente sveleremo il mistero. La versione ufficiale della storia è la versione propinata dagli unici testimoni della tragedia, i due soldati addetti alla scorta della bambina. È quella che viene raccontata ai visitatori del castello, da quando questo è diventato un monumento d'interesse nazionale e di singolare attrazione. Queste mura hanno custodito per sei secoli il segreto di quella tragica giornata. Alcuni anni fa un medium, durante una seduta tenutasi nel castello, si è messo in contatto con lo spirito di Azzurrina, la quale ha finalmente raccontato come sono andate realmente le cose. Fu un incidente. Guendalina, nel rincorrere la palla, cascò dalle scale e morì sul colpo. I due guardiani accorsero troppo tardi e trovarono la bambina ormai senza vita. Spaventati, rei di negligenza, essendo i responsabili dell'incolumità della figlia del loro signore e temendo una terribile punizione o la morte stessa, occultarono il cadavere, seppellendolo nel giardino e raccontando poi a tutti la versione della leggendaria sparizione. I due sventurati andarono incontro alla morte lo stesso e si portarono nella tomba il terribile fardello. Quante persone allora piansero la scomparsa della bimba e quanti ancora si commuovono a sentire narrare la sua storia, ma Azzurrina ha detto di essere felice e di voler continuare a vivere dentro l'amato Castello di Montebello, assieme ai suoi amici di ieri e di oggi.
Lasciamola riposare in pace sotto il verde di quello che fu il suo giardino, lasciamola abitare le stanze di quella che fu la sua breve dimora; azzurro angelo custode del Borgo di Montebello.

La prima Stella Alpina

Una volta tanto tempo fa una montagna malata di solitudine piangeva in silenzio. Tutti la guardavano stupiti: gli abeti, i faggi, le querce, le pervinche e i rododendri. Nessuna pianta però poteva farci niente, poiché era legata alla terra dalle radici. Così neppure un fiore sarebbe potuto sbocciare tra le sue rocce. Se ne accorsero anche le stelle, quando una notte le nuvole erano volate via per giocare a rimpiattino tra i rami dei pini più alti. Una di loro ebbe pietà di quel pianto senza speranza e scese guizzando dal cielo. Scivolò tra le rocce e i crepacci della montagna, finché si posò stancamente sull'orlo di un precipizio. Brrr!!! Che freddo faceva! ...Che pazza era stata a lasciare la quiete tranquilla del cielo! Il gelo l'avrebbe certamente uccisa. Ma la montagna corse ai ripari, grata per quella prova di amicizia data col cuore. Avvolse la stella con le sue mani di roccia in una morbida peluria bianca. Quindi la strinse, legandola a sé con radici tenaci. E quando l'alba spuntò, era nata la prima stella alpina...

Leggenda della Val D'Aosta