“Le anime, che provengono da vite precedenti e soggiornano in una sorta di aldilà, hanno ciascuna un destino da compiere, una parte assegnata (moira), che corrisponde in un certo senso al carattere di quell’anima.“Quando tutte le anime si erano scelte la vita, secondo che era loro toccato, si presentavano davanti a Lachesi [lachos, “parte, porzione di destino”]. A ciascuna ella dava come compagno il genio [daimon] che quella si era assunto, perché le facesse da guardiano durante la vita e adempisse il destino da lei scelto”. Il daimon conduce l’anima dalla seconda delle personificazioni del destino, Cloto [klotho, “filare, volgere il fuso”]. Sotto la sua mano e il volgere del suo fuso, il destino [moira] prescelto è ratificato”. (Gli viene impresso il suo particolare effetto?). “…quindi il genio [daimon] conduceva l’anima alla filatura di Atropo [atropos, “che non si può volgere all’indietro, irreversibile”], per rendere irreversibile la trama del suo destino.“Di lì, senza voltarsi, l’anima passava ai piedi del trono di Necessità” (Ananke), o, come traducono alcuni, “del grembo” di Necessità. […] Prima di fare il loro ingresso nella vita umana, però, le anime attraversano la pianura del Lete (oblio, dimenticanza), sicché al loro arrivo sulla terra tutto ciò che è accaduto – la scelta delle vite e la discesa dal grembo di Necessità – viene cancellato. È in questa condizione di tabula rasa che noi veniamo al mondo.p.s. Ciò che leggerete non è farina del mio sacco ma ho fedelmente ritrascritto pensieri già enunciati ma che erano sparsi qua e là...li ho raggruppati :Dobbiamo avere una concezione totale del Daimon per poterlo capire :)..la mia gatta si chiama così hahahha
La potenza di quello che una persona ha dentro di se si manifesta con incostanza e turbamenti, come se fosse custodito in un guscio troppo piccolo dal quale stia cercando di uscire.
Esiste anche l’atto di volontà, la forza delle scelte, il rispondere alla propria natura e l’ubbidire o meno al quel senso di insoddisfazione che ci tiene lontano dalla nostra perfezione.Siamo qui per qualcosa. E’ questo che lo spirito sente. Non lo spiega perché lo spirito non ha un intelletto fisico ma riesce comunque a seguire la sua logica molto meglio di quanto non lo faccia la mente. E lo fa con una determinazione che non ha uguali trasmettendo un senso di insoddisfazione a tutto l’essere se si trova lontano dal suo scopo.
"Prima della nascita, l'anima di ciascuno di noi sceglie un'immagine o disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci guidi quassù, un daimon, che è unico e tipico nostro. Tuttavia, nel venire al mondo, dimentichiamo tutto questo e crediamo di essere venuti vuoti. È il daimon che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro destino".J. Hillman, Il codice dell'anima.
Lo riconosce lo stesso Hillman, nel ricordare come Platone nel celebre mito di Er rinvii, tramite suggestive immagini, a concetti quali vocazione, disegno dell'immagine, allineamento della nostra vita sul daimon, cioè quel qualcosa che esiste in ciascuno di noi, che ci rende unici e irripetibili, e che contrassegna i nostri vissuti e i nostri agiti in modo irriducibile.
Insomma, ognuno di noi ha una sua personalità, una sua vocazione, una sua immagine che lo contraddistingue in modo radicale e che, di conseguenza, va ricercata e alimentata senza posa, per rendere davvero autentica la nostra esistenza.Per dirla con Platone: noi siamo ciò che abbiamo scelto di essere.
In questo senso siamo chiamati a decifrare il codice della nostra anima, affinché possiamo cogliere con nitore il senso compiuto della nostra presenza nel mondo.
Ma ecco, in sintesi, il celebre mito platonico di Er, descritto nel X libro della Repubblica, a suggello della libera scelta con cui ognuno di noi sceglie il proprio destino:Er, morto in battaglia e risuscitato dopo dodici giorni, racconta agli uomini il destino che li attende dopo la morte, sottolineando come non sarà il dèmone a scegliere le anime, ma le anime a scegliere il dèmone, per cui la responsabilità etica non è del dio, bensì degli stessi uomini che hanno liberamente scelto tra i vari paradigmi o modelli di vita loro proposti nell'aldilà.
Ecco perché il nostro modello di vita è da sempre inscritto nella nostra anima: scegliere la virtù, coltivare la parte migliore di noi stessi o attuare ogni giorno, con coerenza e coraggio, la nostra vocazione dipende, quindi, solo da noi.
Ascoltiamo direttamente Platone: "Non sarà il dèmone a scegliere voi, ma voi il dèmone [...]. La virtù non ha padroni; quanto più ciascuno di voi la onora, tanto più ne avrà; quanto meno la onora, tanto meno ne avrà. La responsabilità, pertanto, è di chi sceglie. Il Dio non ne ha colpa".Questo daimon, che possiamo chiamare anche "genio", componente ineludibile del nostro io, a volte può essere perso di vista, non coltivato, accantonato, ma prima o poi tornerà per possederci totalmente, per definire la nostra immagine, per far emergere quello che chiamiamo il "me".C'è un punto su cui lo stesso Hillman insiste con passione: se l'uomo si vede solamente come"un impercettibile palleggio tra forze ereditarie e forze sociali", si riduce a statistica, a "mero risultato", a "vittima" di un codice genetico.
In questo senso il Nostro "vuole smascherare la mentalità della vittima, da cui nessuno di noi può liberarsi, finché non riusciremo a vedere in trasparenza i paradigmi teorici che a quella mentalità danno origine e ad accantonarli".
Il Daimon per i greci era un essere divino inferiore agli dei ma superiore agli uomini (una sorta di spirito, un demone benevolo). Socrate si diceva tormentato da questa voce interiore che si faceva sentire non tanto per indicargli come pensare e agire, ma piuttosto per dissuaderlo dal compiere una certa azione. Socrate stesso dice di esser continuamente spinto da questa entità a discutere, confrontarsi, e ricercare la verità morale. Questa volontà di discutere e di confrontarsi nasce dalla consapevolezza di essere ignoranti.Socrate era un personaggio animato da una grande sete di verità e di sapere, che però sembravano continuamente sfuggirgli. Egli diceva di essersi convinto così di non sapere, e di essere completamente ignorante. L'ignoranza infatti è il movente fondamentale del desiderio di conoscere.....

3 commenti:
isaak qua c'è un post per i tuoi dentini....
sorry non ho messo l'indirizzo
http://anyonee.blogspot.com/
fantastico quindi non ci possiamo lamentare di quanto siamo sfortunati perchè, secondo Platone,saremmo stupidi visto che ce la siamo scelta noi?
è un po' come dire inutile piangere sul latte versato!
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